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Andrea Giovannelli.
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5 Gennaio 2025 alle 19:50 #2944
Cristiano De Vergori
ModeratoreQuesta sezione è dedicata al tema della difesa europea, legato a doppio filo con l’argomento più ampio del ruolo geopolitico dell’Ue.
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5 Gennaio 2025 alle 19:59 #2945
Cristiano De Vergori
ModeratoreRingraziando molto Paolo Pappalardo per averlo condiviso, copio e incollo di seguito un testo sul tema della difesa europea.
MANIFESTO PER LA DIFESA UNICA EUROPEA
1. L’OBIETTIVO
L’obiettivo finale del “Progetto Difesa Unica Europea”, in linea con le
previsioni del Trattato sull’Unione Europea, è la formazione di Forze
Armate Europee costituite da Istituzioni, Comandi e Unità permanenti,
integrate e sovranazionali, sotto la diretta sovranità dell’Unione Europea
e non più, come è avvenuto fino ad oggi, mediante contingenti europei
costituiti attraverso capacità/assetti operativi forniti dai singoli Stati
Membri per assolvere missioni specifiche per un lasso di tempo limitato.
La procedura attualmente in vigore per l’avvio di una missione
dell’Unione Europea prevede, in primo luogo, la delibera all’unanimità
del Consiglio (Europeo) su proposta dell’Alto Rappresentante per gli
affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro.
Successivamente gli Stati membri, sulla base degli obiettivi, della
portata e delle modalità generali di realizzazione deliberate dal Consiglio
(Europeo), stabiliscono il loro contributo in termini di capacità militari
da fornire alla missione. Il contingente, così definito, viene quindi
costituito, assemblato e trasferito in Teatro di Operazioni per l’avvio
della missione. È evidente la lunghezza e la laboriosità di questo
processo, che rischia di concretizzarsi in ritardo rispetto alle esigenze
della crisi a cui vorrebbe dare soluzione.
Il “Progetto Difesa Unica Europea”, di contro, ponendo fin dal tempo di
pace le forze militari sotto il controllo politico diretto dell’Unione
Europea e, conseguentemente, eliminando le fasi dell’autorizzazione e
della costituzione dei contingenti da parte degli Stati membri, affranca lo
sviluppo dell’autonomia strategica dell’Unione europea dagli interessi
antagonisti dei governi e consente di migliorare significativamente i
tempi di intervento e l’efficacia delle missioni dell’Unione.
La bussola strategica (Strategic Compass) elaborata ed approvata nel
vertice di Parigi del 21 marzo 2022 rappresenta un utile passaggio per
rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell’Unione Europea. Le
iniziative pianificate nei quattro pilastri attorno a cui è strutturata la
bussola strategica (azione, investimenti, partner e sicurezza) consentono
di migliorare le capacità dell’Unione Europea in materia di sicurezza e
difesa, ma appaiono non ancora sufficienti a garantire l’efficacia
richiesta dagli attuali e potenziali scenari di crisi in quanto non
rappresentano un cambio di prospettiva.
La capacità di dispiegamento rapido della EU, costituita da componenti
terrestre, marittima, aerea, spazio e cyber, più i necessari supporti
strategici, con una forza massima di 5000 unità, richiama alla mente la
AMF, la forza di reazione immediata della NATO durante la guerra
fredda, la cui sola componente terrestre, però, era una unità a livello
Brigata forte di circa 4000 unità. Lo scopo principale della AMF, attuato mediante lo svolgimento di 2 esercitazioni l’anno in prossimità dei
confini Sovietici (principalmente Norvegia e Turchia), era quello di
mostrare al blocco sovietico la compattezza e la determinazione
dell’alleanza, cioè di esercitare fondamentalmente uno scopo di
deterrenza.
Inoltre, la AMF, dovendo rispondere ad una minaccia nota e ben definita,
aveva una composizione fissa (per l’Italia il gruppo tattico alpino
“Susa”) e un comando permanente dislocato ad Heidelberg, in Germania.
La capacità di dispiegamento rapido della EU ha l’ambizione di potersi
adattare allo scenario e alla minaccia, ma questo comporta la
costituzione di contingenti differenti a seconda della situazione, e quindi
una maggiore difficoltà di pre-designazione e di integrazione delle unità
che la compongono.
Infine, la indisponibilità, almeno per il momento, in ambito EU degli
strumenti logistici strategici, di comando e controllo e di intelligence
propri invece della NATO, ne condiziona negativamente la capacità di
proiezione e l’efficacia degli interventi.
Quanto ai compiti assolvibili, i 5.000 uomini della capacità di
dispiegamento rapido della UE potrebbero risultare insufficienti per
fronteggiare le più attuali e concrete minacce. Se si considera che la
guerra in Ucraina vede schierati circa 250.000 soldati per parte (solo
forze terrestri) e che nella prima fase del conflitto la Russia ha attaccato
lungo una fronte di circa 1500 km., appare difficile riuscire ad ipotizzare
un utile impiego della capacità di dispiegamento rapido della EU in uno
scenario di questo tipo. Ne deriva che tale capacità potrebbe svolgere, e
in modo limitato, solo alcune delle missioni attualmente elencate
nell’art. 43, par. 1 del Trattato sull’Unione europea (TUE), cioè le
“vecchie” “missioni di Petersberg”, senza in alcun modo potersi
occupare della difesa degli Stati da un’aggressione armata, che infatti il
TUE lascia agli Stati membri (art. 42, par. 7).
Per costruire una capacità di difesa efficiente dell’Unione Europea è
necessaria una reale integrazione ed unione delle forze di difesa degli
Stati membri a favore di una forza nuova e unitaria, che possa realizzare
una volontà di difesa comune, per la salvaguardia dei valori e degli
interessi dell’Unione. In sintesi, non più forze armate nazionali
aggregate di volta in volta per fronteggiare specifiche esigenze, ma
Forze Armate Europee integrate e unitarie, costituite superando le
differenze nazionali dei vari Stati Membri.
Tali Forze di Difesa Europee saranno:
● costituite su base permanente fin dal tempo di pace;
● numericamente adeguate a tutte possibili minacce, compresa la
guerra convenzionale;
● politicamente direttamente dipendenti dall’Unione Europea;partner della NATO, in piena coerenza con il riconoscimento,
operato dal TUE, del “carattere specifico della politica di sicurezza
e difesa di taluni Stati membri” (cioè quelli membri della NATO,
appunto);
● economicamente dipendenti dal budget dell’Unione Europea;
● militarmente dipendenti da una struttura di comando e controllo
Europea;
● indipendenti dagli Stati Membri, che potranno comunque creare per
esigenze interne una Guardia Nazionale a similitudine di quanto
avviene negli Stati Uniti d’America.
La costituzione delle Forze di Difesa Europee consente, inoltre, di
realizzare economie di scala nella acquisizione dei sistemi d’arma. Per
fare un esempio, i tre principali eserciti europei (Francia, Germania,
Italia) hanno negli anni sensibilmente ridotto le loro flotte di carri armati
attestandosi su una disponibilità attuale tra i 200 e i 300 ciascuno; a
titolo di esempio in soli 4 mesi di guerra in Ucraina ne sono stati distrutti
sicuramente più di 1000 per parte, valori insostenibili dai singoli eserciti
della EU. Concentrando gli investimenti su un unico sistema d’arma
(anziché i 17 attuali) sarebbe possibile, a parità di spesa, disporre di un
arsenale sicuramente superiore, in grado di fronteggiare una guerra
convenzionale come quella in corso in Ucraina.
Un bilancio della Difesa Europeo unico consentirebbe, inoltre, di
dedicare risorse agli assetti di supporto strategico e di intelligence per i
quali, al momento, l’Unione Europea dipende dagli Stati Uniti.2. I NODI PRINCIPALI
1. Quali sono gli strumenti giuridici per realizzare il “Progetto Difesa
Comune”?
Secondo l’art. 42 para 2 del Trattato sull’Unione Europea l’istituzione di
una difesa comune avviene per effetto di una decisione del Consiglio
europeo adottata all’unanimità. Nonostante il compattarsi delle posizioni
politiche seguite all’attacco russo contro l’Ucraina, non sembra che tutti
gli Stati siano disposti a esprimersi in favore di una tale decisione. Se
pure in ipotesi lo fossero, sembrano sussistere tra gli Stati differenze di
visioni strategiche che ancora sconsigliano di procedere all’unisono e
rendono invece preferibile un’attuazione in regime di integrazione
differenziata. Sembra, quindi, preferibile la costituzione di una difesa
comune tra un nucleo iniziale di Stati, al quale con gradualità si
aggiungeranno gli altri.
Gli strumenti giuridici per realizzare questo risultato sono tre, alternativi
tra loro:
1) l’aggiunta ai Trattati vigenti di un protocollo specifico il quale, alla
stregua ad esempio dell’attuale Protocollo 19, autorizzi gli Stati
interessati (senza vincolo di numero minimo) ad attuare tra loro una
cooperazione rafforzata con regole ad hoc. Ciò richiederebbe una
modifica dei Trattati secondo la procedura dell’art. 48, par. 2, del
Trattato sull’Unione europea, con la necessità della ratifica di tutti
gli Stati membri, ma conferirebbe alla difesa comune una grande
solidità giuridica e consentirebbe una grande libertà di progettare
gli strumenti necessari. Come tutti i protocolli che attualmente
prevedono integrazioni differenziate, anche questo comprenderebbe
una procedura di assorbimento degli Stati che decidano di
partecipare, secondo il principio di apertura che caratterizza questo
profilo dell’integrazione europea.
2) l’autorizzazione del Consiglio (all’unanimità) a istituire una
cooperazione rafforzata sulla base dei Trattati vigenti, che dovrebbe
riguardare un gruppo iniziale di almeno 9 Stati Membri e dovrebbe
essere adottata a valle della ricordata decisione del Consiglio
europeo all’unanimità. Per effetto dell’autorizzazione, tutte le
decisioni che realizzano la difesa comune dovranno essere prese
solo dagli Stati che partecipano alla cooperazione rafforzata, con il
vincolo di rispettare i diritti e gli obblighi degli Stati che non vi
partecipano, i quali sarebbero però vincolati a non ostacolare la
difesa comune.
3) gli Stati intenzionati a dare vita a una difesa comune potrebbero
stipulare tra loro un trattato esterno strettamente collegato ai trattati
sull’Unione Europea (secondo il modello della Convenzione di
Schengen o del più recente Accordo istitutivo del Meccanismo
europeo di stabilità). Come il primo, questo modello potrebbe
essere utilizzato anche qualora non ci fossero, almeno inizialmente,
9 Stati Membri disponibili. Tale Trattato sarebbe aperto ad adesioni
successive da parte di altri Stati Membri, con l’obiettivo finale di
includere tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea.
Non proponiamo di inquadrare, neppure per un periodo transitorio
iniziale, la formazione di un “esercito europeo” (ad esempio nella forma
di un corpo d’armata di reazione rapida, o altro) nella cooperazione
strutturata permanente (PESCO) ex. Articoli 42, par. 6 e 46 del Trattato
sull’Unione Europea per 2 motivi principali: rispetto all’impostazione a
moduli e progetti conferita alla PESCO avviata l’11 settembre 2017, il
progetto “Difesa Unica Europea” segna un cambio di passo politico; e la
PESCO è reversibile in quanto ciascuno Stato partecipante può ritirarsi
(art. 46, par. 5), oltre che vedersi sospeso nella partecipazione dal
Consiglio (art. 46, par. 4).2. Come si configura la sovranità nazionale?
La difesa unica comporta la formazione di Forze Armate dell’Unione
Europea, cioè a dire di Comandi, Unità ed Enti militari completamente
sottratti alle sovranità nazionali ed estranei dalle forze armate dei singoli
Stati membri ma composti da personale dipendente dell’Unione Europea
e affidati al comando politico e strategico dell’Unione Europea. I loro
compiti comprenderanno sia le missioni militari previste negli articoli
42, par. 1 e 43 del Trattato sull’Unione europea, sia la difesa da un
attacco armato eventualmente subito da uno o più Stati membri, che al
momento è invece completamente affidata ai singoli Stati (obbligati a
prestare aiuto e assistenza) senza che sia neppure prefigurato un
coordinamento ad opera delle istituzioni dell’Unione (art. 42, par. 7). Le
missioni e gli scopi di tali forze di difesa saranno quindi esclusivamente
difensivi o rivolti a riportare in aree di crisi/guerra la pace ed il benessere
a beneficio della comunità internazionale.3. Quale potrebbe essere la tempistica?
La tempistica di completamento del progetto “Difesa Unica Europea”
appare, al momento, difficilmente programmabile, trattandosi di un
sistema con almeno 27 variabili (tante quanti gli Stati Membri). Di certo
il progetto sarà pronto per essere presentato in Italia e in Europa in
occasione delle elezioni europee del prossimo anno. La stipula di un
trattato esterno, anche tra un nucleo ristretto di Stati Membri (ad esempio
Francia, Italia, Germania, Spagna), consente di dare avvio al progetto in
tempi rapidi e di esercitare una forza di attrazione, di intensità crescente
nel tempo, sugli altri Stati Membri.
Nella fase transitoria di progressiva unificazione, le Forze Armate
Europee saranno temporaneamente affiancate dalle forze armate
nazionali, secondo il modello già seguito per la realizzazione
dell’Unione economica e monetaria per gli Stati membri che adottano
l’Euro come moneta.
Alla luce del carattere di gradualità e progressività del “Progetto Difesa
Unica Europea”, appare utile e opportuno che tutti i provvedimenti
intermedi siano comunque coerenti con il risultato finale desiderato:
Forze Armate Europee. In tale ottica, gli Stati contributori al progetto e
le Istituzioni dell’Unione Europea dovrebbero, fin dal primo momento,
impegnarsi per promuovere e favorire iniziative di cooperazione in tutti i
settori della difesa (approvvigionamenti, logistica, ordinamenti,
legislazione, reclutamenti, ecc.) non solo tra gli Stati aderenti al progetto,
ma tra tutti gli Stati Membri dell’Unione, compresi quelli ancora non
parte della Difesa Unica. In tal modo, oltre a realizzare, da subito, utili
economie di scala, per le Forze Armate degli Stati che decideranno di
aderire al progetto in tempi successivi, quando le condizioni politiche saranno “mature”, sarà sufficiente “attaccare la spina” per essere
prontamente integrate nelle Forze di Difesa Europee.3. LO SVILUPPO DEL PROGETTO
Il progetto sarà sviluppato attraverso lo studio di soluzioni politiche
relative agli aspetti di seguito elencati:
1. Governance politica
2. Industria difesa
3. Intelligence militare
4. Catena di Comando militare
5 Assetti operativi
a. dotazioni minime iniziali
b. forze di riserva
6. Logistica
7. Giurisdizione penale ed amministrativa
8. Finanziamento e bilancio
9. Reclutamento e formazione del personale
10. Rapporti con la NATO-
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5 Gennaio 2025 alle 20:11 #2947
Cristiano De Vergori
ModeratoreRingraziando nuovamente Paolo Pappalardo per averlo condiviso, copio e incollo un secondo testo sul tema difesa europea.
DIFESA UNICA EUROPEA
Proposta politica
1. Situazione e criticitàAttualmente la difesa degli spazi e degli interessi dell’Unione Europea è assicurata dalle singole Difese dei 27 Stati Membri, che, ovviamente, vengono impiegate dai rispettivi governi per soddisfare prioritariamente gli interessi nazionali. Questo vuol dire che, al di là della formale presenza di un Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza (al momento in cui questo testo viene scritto Josep Borrell Fontelles), di fatto ciascun Stato Membro segue una propria agenda di politica estera e di difesa, non sempre in linea con quella degli altri 26.
Tra gli effetti più evidenti di questa situazione meritano di essere citati: a. Dispersione delle risorse
Sulla base del rapporto SIPRI gli Stati Membri dell’Unione Europea investono per la difesa complessivamente circa 260 miliardi di dollari, meno degli Stati Uniti ma all’incirca pari alla Cina e molto di più della Russia. Il problema è che questi fondi sono suddivisi in 27 rivoli e rivoletti (dai 56 miliardi della Germania ai 90 milioni di Malta) che producono sprechi e duplicazioni. Secondo uno studio del Parlamento Europeo con un budget della difesa unico sarebbe possibile risparmiare circa 26 miliardi di euro l’anno, che potrebbero essere utilizzati, ad esempio, per potenziare la ricerca e lo sviluppo.
b. Ridotta capacità di deterrenza
La somma delle Forze Armate dei 27 Stati Membri supera il milione e mezzo di soldati che, unita alla tecnologia degli armamenti, potrebbe dare all’Unione Europea uno dei migliori strumenti di difesa del mondo. In realtà, come ha purtroppo mostrato l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la frammentazione delle Forze Armate Europee in Forze Armate nazionali rende la capacità di deterrenza dell’Unione modesta se non insignificante, sicuramente insufficiente a frenare le mire espansionistiche di Putin o di altre potenze mondiali in grado di contrastare se non danneggiare vitali interessi economici e politici della UE in aree geografiche prossime a quelle dell’Unione (Medio Oriente, Caucaso, Africa) proprio perché nessuno Stato Membro possiede, preso singolarmente, Forze Armate in grado esercitare una efficace funzione di deterrenza.
c. Procedure di intervento laboriose e poco tempestive
L’avvio di una missione militare dell’Unione Europea, allo stato attuale, richiede diversi passaggi negoziali (dalla decisione di lanciare la missione che deve essere unanime, alla definizione del mandato e delle regole di ingaggio, alla composizione del contingente) che inevitabilmente ne rallentano i tempi di reazione. Mentre è di tutta evidenza che spesso la tempestività di intervento è un fattore determinante per il successo dell’operazione.
d. Logistica più complessa
Le Forze Armate dell’Unione Europea schierano un’ampia varietà di armamenti1 che accresce significativamente il peso logistico delle operazioni. La necessità di affidarsi alla logistica nazionale impone la presenza anche in Teatro di Operazioni di linee logistiche differenziate per ciascun Paese partecipante rendendo più complesso lo sforzo logistico da sviluppare per sostenere i contingenti militari.e. Posizione subalterna all’interno della NATO
Attualmente nella NATO è presente un socio nettamente maggioritario (USA) che di fatto detta la linea politica dell’Alleanza. Gli Stati Membri dell’Unione Europea che sono anche membri della NATO, partecipano a titolo individuale, e come tali, a causa del divario con il socio di maggioranza, hanno limitate possibilità di incidere sulle decisioni. Di contro, se l’Unione Europea partecipasse in maniera unitaria il suo peso politico, e conseguentemente anche quello decisionale, ne risulterebbe fortemente rafforzato rendendola un partner paritario degli USA.f. Dipendenza dagli USA per gli assetti di supporto strategico
Attualmente per quanto attiene ai supporti strategici2l’Unione Europea è fortemente dipendente dagli USA. Una parte delle economie di scala derivanti da un budget unificato potrebbe essere utilmente investita nei supporti strategici consentendo all’Unione Europea di conseguire, finalmente, l’autonomia strategica.2. Soluzione
Per superare le criticità dovute a una Difesa Europea spezzettata nelle singole Difese nazionali è necessario ribaltare il paradigma della difesa comune dell’Europa: non più, come ora, la difesa degli spazi dell’Unione affidata alla responsabilità degli Stati Membri, che contribuiscono secondo la propria visione e sensibilità; ma affidare all’Unione la responsabilità della difesa degli spazi degli Stati Membri, con visione unitaria e pari sensibilità.
Le Forze Armate dell’Unione Europea:
● saranno costituite su base permanente fin dal tempo di pace, diversamente da quanto avviene ed è avvenuto;
● avranno, a regime, una consistenza pari alla somma delle Forze Armate nazionali (circa 1.500.000 soldati); ma già dalle fasi iniziali di formazione dovranno avere una consistenza adeguata ad esercitare una efficace deterrenza nei confronti della minaccia più pericolosa3;
● avranno reclutamento, formazione, addestramento e una linea di comando esclusivamente europei. Dall’Organismo Politico di gestione e impiego, passando per lo Stato Maggiore Militare fino alle unità sul terreno, la separazione delle Forze Armate Europee dagli Stati Membri deve essere netta e permanente. Per esigenze di sicurezza interna, ad esempio Strade Sicure, gli Stati Membri potranno integrare le forze di polizia con formazioni tipo Guardia Nazionale;
● parteciperanno alla NATO come socio paritario degli USA, con pari potere decisionale4;
● saranno finanziate con un budget unico europeo, auspicabilmente pari al 2% del PIL della UE
Gli strumenti giuridici per farlo esistono. Il Trattato sull’Unione Europea già prevede5la possibilità di istituire la difesa comune europea previa la deliberazione all’unanimità del Consiglio Europeo. Considerate le diverse sensibilità degli Stati Membri, appare opportuno procedere per gradi, attraverso una integrazione differenziata. In pratica, si ipotizza di partire con un ristretto nucleo iniziale di Stati, al quale gradualmente e progressivamente si aggiungerebbero gli altri, fino ad arrivare alla condizione di regime con tutti i 27 che partecipano alla Difesa Unica Europea.
Gli strumenti giuridici utilizzabili, in alternativa, sono 3:
● protocollo aggiuntivo ai trattati esistenti6;
● cooperazione rafforzata7;
● trattato esterno strettamente collegato al Trattato sull’Unione Europea8. Tutti e tre gli strumenti giuridici illustrati prevedono la possibilità per gli Stati Membri che non fanno parte del nucleo iniziale di aderire in tempi successivi. Ovviamente, tutto ha un prezzo, e il costo politico della Difesa Unica Europea è la cessione all’Unione della sovranità sulle Forze Armate, non più nazionali, ma unicamente Europee e l’assoluta necessitá di identificare e raggiungere una politica estera “europea”, a cui i singoli Stati potranno aggiungere altri “obiettivi” di poltica estera purché non in contrasto. Peraltro, i benefici derivanti da questa scelta, indubbiamente coraggiosa, sono in grado di compensare con gli interessi il costo sostenuto, che, forse, sarebbe più corretto considerare come un investimento. Un investimento per la sicurezza e la libertà delle generazioni future.
3. Attività da svolgere
Illustrata la superiore efficacia e la maggiore convenienza della Difesa Unica Europea sia all’elettorato europeo sia a quello italiano, iniziare, quindi un percorso per la sua realizzazione prevedendo innanzitutto la costituzione di una “alleanza” di Stati Membri con il coraggio di mettere da parte gli egoismi nazionali a favore di una maggiore sicurezza e una più efficace politica di difesa. L’estensione di tale “alleanza” consentirà di definire lo strumento giuridico più appropriato per l’avvio del progetto.
La condivisione del progetto Difesa Unica Europea può avvenire mediante contatti tra le “cancellerie” oppure tramite un’iniziativa presso il Parlamento Europeo, o anche meglio con una combinazione delle due modalità.
I contatti tra cancellerie richiedono la preventiva adesione al progetto da parte del Governo italiano, eventualità, forse, con non elevate probabilità di successo, ma che vale comunque la pena di esplorare. In alternativa, si potrebbe anche cercare un contatto diretto con un Governo di ispirazione liberale (come quello francese) e cedergli l’iniziativa del progetto, magari suggerendo di proporre l’adesione all’Italia. Questa soluzione però ci esporrebbe a critiche di opportunismo o, peggio, di subalternità e priverebbe l’Italia della paternità di una importante iniziativa politica a livello continentale, e forse mondiale.
Il passaggio per il Parlamento Europeo richiede la presentazione del progetto almeno ai parlamentari del gruppo Renew Europe, per verificare la disponibilità di Governi “amici” (cioè che, come quello francese, si riconoscono in Europa nel gruppo Renew Europe9), e di valutare l’opportunità di lanciare l’iniziativa durante una seduta parlamentare. L’iniziativa presso il Parlamento Europeo, di cui è facile prevedere la risonanza mediatica, potrebbe riuscire a indurre alcuni Stati Membri ad aderire al progetto. La combinazione delle due modalità, soprattutto se sostenuta anche dal Governo italiano, potrebbe essere in grado di produrre i migliori risultati.
Una volta definiti gli Stati Membri che daranno vita al Nucleo Iniziale di Formazione e, conseguentemente, lo strumento giuridico più appropriato, è importante per il successo del progetto che la prima fase dell’implementazione preveda:
● la definizione del quadro giuridico unitario10 alla base del reclutamento, della formazione, dell’impiego e dei profili di carriera del personale delle Forze Armate Europee;
● la costituzione di un organismo politico di gestione e impiego delle Forze Armate Europee (a prescindere dal numero di Stati Membri partecipanti, per il fatto di essere gestite dalla Unione Europea le formazioni hanno pieno titolo ad essere chiamate Forze Armate Europee);
● la costituzione di un Comando Militare che traduca gli atti politici in pianificazione, condotta delle operazioni e addestramento delle unità; ● la cessione all’Unione Europea della sovranità su Enti e Unità militari. Il quadro giuridico unitario consentirà di uniformare, tra le altre cose, le modalità e i requisiti per il reclutamento del personale, il percorso formativo per le diverse categorie, le modalità di impiego presso le unità ed i comandi e i requisiti e le procedure per le progressioni di carriera11. Per evitare l’”invecchiamento” delle Forze Armate Europee, appare opportuno prevedere fin da subito, dopo un adeguato periodo di servizio militare12, le modalità per l’avviamento ad una seconda carriera del personale congedato, non necessariamente in Istituzioni europeee, ma anche con possibile o desiderabile rientro nei rispettivi Paesi.
Le modalità per la costituzione dell’organismo politico e del Comando Militare e per la cessione di sovranità potranno, o forse dovranno, essere previste dall’Atto giuridico costitutivo del Nucleo di Formazione Iniziale.
L’entità e la tipologia degli Enti e delle Unità da cedere alla unione Europea sarà concordata dagli Stati Membri del Nucleo di Formazione Iniziale13.
La Difesa Unica Europea vuole rappresentare la risposta più efficace e vantaggiosa alle sfide alla sicurezza europea, e forse globale, del XXI secolo. L’elevato livello di ambizione che manifesta, richiede un percorso articolato e un tempo di realizzazione che, anche per superare le inevitabili resistenze organizzative e qualche egoismo nazionalista, interesserà, probabilmente, più legislature. È pertanto necessario dare pronto avvio al progetto, per poter arrivare in tempi rapidi alla definizione del Nucleo Iniziale di Formazione, primo indispensabile tassello di tutto il progetto. E per riuscirci, quale occasione più propizia delle prossime elezioni europee? È, pertanto, fondamentale che il progetto Difesa Unica Europa costituisca sin da subito uno dei punti qualificanti del programma elettorale dei partiti (auspicabilmente tutti) che al Parlamento Europeo aderiscono al gruppo Renew Europe. Occorre quindi, che vengano interessati da subito, allo scopo di stimolarne e favorirne la partecipe adesione al progetto e poter così iniziare a gettare le basi per l’alleanza di Stati Membri, necessaria al successo della Difesa Unica Europea.
Note
1 17 tipologie di carri armati contro 1 degli USA, 20 tipologie di aerei da combattimento contro 6 degli USA, 29 tipologie di navi da guerra contro 4 degli USA.
2 Trasporti strategici, intelligence, satelliti, ecc..
3 Per la componente terrestre il livello minimo deve essere il Corpo d’Armata (circa 60.000 soldati) cui vanno affiancate con consistenze proporzionalmente adeguate le componenti navale, aerea, cyber e spazio.
4 È possibile ipotizzare che, a regime, la posizione di Comandante Operativo della NATO (SACEUR) possa essere affidata con criterio di alternanza agli USA e alla UE.
5 Articolo 42, paragrafo 2
6 Richiede la ratifica da parte di tutti gli Stati Membri, di contro conferisce una solida base giuridica all’iniziativa e non richiede un numero minimo di Stati Membri.
7 Richiede il voto unanime del Consiglio e l’adesione iniziale di almeno 9 Stati Membri.
8 Stipulato tra i soli Stati Membri interessati all’iniziativa non richiede autorizzazioni e non richiede un numero
9Al momento in cui questo testo viene scritto, i Partiti che nel Parlamento Europeo aderiscono al gruppo Renew Europe sono Azione e Italia Viva (Italia); Ciudadanos e Partito Nacionalista Vasco (Spagna); Agir, Europe Ensamble, Republique en Marche, Mouvement Democrate e Mouvement Radical Social-liberal (Francia); Fianna Fail Party (Irlanda); NEOS (Austria); Lista Marjana Sarca (Slovenia); Dieta Democratica Istriana (Croazia); Movement for Rights and Freedom (Bulgaria); Reper e USR (Romania); Momentum (Ungheria); Progresivne Slovensko (Slovacchia); Ano 2011 (Cechia); Freie Demokratische Partei e Freie Wahler (Germania); Parti Democratique (Lussemburgo); Mouvement Reformateur e Open Vlaamse Liberalen en Democraten (Belgio); Democraten 66 e Volksparij voor Vrijheid en Democratie (Olanda); Polska 2050 (Polonia); Det Radikale Venstre e Venstre Danmarks Liberale Parti (Danimarca); Lietuvos Respulikos Liberalu Sajudis (Lituania); Attistibai Par (Lettonia); Eesti Keskerakond e Eesti Reformierakond (Estonia); Centerpartiet e Lieralerna (Svezia): Suomen Keskusta e Svenska Folkpartiet (Finlandia).
10 Tale compito potrebbe essere affidato all’Organismo Politico da cui dipenderanno le Forze Armate Europee oppure ad un gruppo di lavoro specificamente costituito.
11 Con riferimento all’attuale normativa nazionale, si tratta di redigere un Codice dell’Ordinamento Militare Europeo unico per tutti gli Stati Membri partecipanti all’iniziativa.
12 La durata del periodo di servizio sarà decisa dagli Stati Membri partecipanti all’iniziativa, si ritiene comunque che un periodo di servizio congruo potrebbe essere intorno ai 15 – 20 anni. Ovviamente ci sarà personale che verrà trattenuto in servizio anche per periodi più lunghi, come ci sarà personale che potrebbe essere avviato ad una seconda carriera in anticipo rispetto alla ferma prefissata.
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10 Gennaio 2025 alle 9:54 #2960
Andrea Giovannelli
PartecipanteBuongiorno Cristiano, ti ringrazio per l’inoltro e ringrazio Paolo per l’importante contributo sul tema.
Premesso che ritengo assolutamente irrealistica, se non in tempi lunghissimi, la costituzione di una Difesa europea indipendente dai governi nazionali e di “consistenza pari alla somma delle Forze Armate nazionali” chiedo a Paolo alcuni chiarimenti.
Ho letto più volte il documento ma non mi è chiaro quale sarebbe nella visione di Paolo il rapporto della Difesa europea con la NATO. Credo che un esempio concreto possa aiutare a chiarire. Ipotizziamo una situazione in cui è costituita una Difesa europea, almeno di un sottogruppo di paesi della UE, e ipotizziamo due scenari molto vicini a noi.
Primo scenario. La Russia attacca militarmente l’Ucraina (cosa in effetti avvenuta), quindi un paese extra UE. Nella visione di Paolo come si sviluppa l’interlocuzione Difesa UE e NATO?
Secondo scenario. La Russia attacca militarmente la Polonia, quindi un paese UE. Anche in questo caso, come si svilupperebbe l’interlocuzione Difesa UE-NATO, considerando che la Polonia non solo è un paese UE ma NATO?
In generale, credo che nel nostro eventuale position paper sul tema si debba esplicitare il perché noi auspichiamo una Difesa europea, o comunque un suo rafforzamento. Nell’ultima video-call Paolo ha dato una sua motivazione che però manca, mi pare, nel documento che ha preparato.
Avrei altre osservazioni ma al momento ho bisogno di capire bene come si svilupperebbe il rapporto UE-NATO, proprio da un punto di vista operativo.
Grazie a tutti e a presto.
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