La più grande sfida della sostenibilità è il superamento della presunzione di onnipotenza umana.
Tempo fa ho avuto da ridire con Stefano Boeri relativamente al suo “bosco verticale”, ho osservato che a me portava alla memoria il post Chernobyl (devo dire che non l’ha presa bene) :).
Il senso della mia osservazione era semplice: le cose che fa l’uomo possono essere anche belle (e il “bosco verticale” di Boeri è innegabile che lo sia), ma spesso sottendono un delirio di onnipotenza che vede l’uomo certo di poter piegare la natura ai suoi desideri. Eppure non è così, siamo infinitamente nulla di fronte alla forza della natura e se non riusciamo a prenderne atto, la sfida a rendere sostenibile la presenza umana nell’universo la perderemo sempre.
Chiunque può osservare i tanti reportage fotografici nel territorio fantasma attorno alla centrale di Chernobyl, la vegetazione si è ripresa gli spazi che l’uomo aveva costruito per se. Tutto è diventato un enorme “bosco verticale”. Può l’uomo avere la presunzione di domare per sua speculazione ciò che rimarrà sempre fuori dalla sua portata?
Come si dice, riusciamo a percepire il rumore di un albero che cade, ma non quello dannatamente più imponente di una foresta che cresce. Però abbiamo la certezza di costruire oggetti tendenzialmente eterni. Cosa ne sarà, realmente, fra vent’anni del “bosco verticale” di Boeri lo immaginiamo, forse, uguale ad ora, convinti che abbiamo previsto tutto.
Pensiamo di poter costruire ovunque, di riuscire a domare i fiumi e se la natura ci presenta il conto della nostra presunzione, abbiamo sempre qualcun altro a cui dare la responsabilità e, cosa ancora più paradossale, pretendiamo altre opere perché onnipotenti si può… o no?