@claudio-bonanno
Bio
Professore associato di Fisica Matematica presso l'Università di Pisa dal 2016. Responsabile del gruppo "DinAmicI" presso l'Unione Matematica Italiana dal 2020 al 2026. Ho avuto posizioni di ricerca presso l'Istituto Nazionale di Alta Matematica, l'Università di Camerino, l'Ècole Polytechnique (Palaiseau Cedex, Francia). Mi sono formato presso l'Università di Pisa (laurea in Matematica, dottorato in Matematica) e la University of Cambridge, UK (Certificate of Advanced Studies in Mathematics).
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15 Dicembre 2024 alle 18:24 #2884Claudio BonannoPartecipante
Buonasera a tutti.
Grazie a Luigi per aver aperto questo filone, io sarei molto favorevole all’inserimento di una tematica sull’università tra quelle in primo piano. E grazie a Enrico per il link funzionante e per la segnalazione della risposta di Marco Valente.
La mia preparazione in tema di diritto è scarsa, e dunque faccio fatica a immaginare quali possano essere le eventuali conseguenze negative della trasformazione degli atenei in fondazioni di diritto privato. Ho letto di una possibile maggiore facilità alla privatizzazione, ma, ad esempio, non so se questa critica sia sensata. Partendo dal principio che condividiamo che le università debbano restare pubbliche, mi auguro che si possa lavorare ad una regolamentazione che ne impedisca la privatizzazione.
Da professore universitario, faccio poca fatica a capire i vantaggi che si avrebbero con una tale trasformazione, sia sul fronte burocratico sia sull’organizzazione interna degli atenei. Credo però che ci siano altri aspetti che riguardano la didattica che potrebbero forse spingere verso il mantenimento di un maggiore controllo statale (ovviamente, al netto della mia ignoranza sui dettagli dell’implementazione del modello “fondazione di diritto privato”).
Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un cambiamento notevole nel ruolo dell’università nella società. In particolare, all’università viene sempre di più demandata una preparazione generale dei giovani, basti pensare al moltiplicarsi di corsi di studio poco specializzati o che sostituiscono il percorso gavetta+esame di stato per alcune professioni (esempio concreto, dallo scorso anno esiste una laurea triennale per la preparazione dei geometri). Questo, insieme ad una tendenza all’abbassamento del livello di preparazione delle scuole secondarie, spinge alla necessità di una maggiore apertura verso un sistema universitario “di massa”. Cosa che probabilmente andrebbe in contrasto con la visione di università che forniscano didattica di eccellenza. Questo non vuol dire rinunciare ad un sistema concorrenziale tra le università sul fronte della didattica, un’idea potrebbe essere quella di andare verso una differenziazione tra università con la “missione” in didattica e università con la “missione” in ricerca, che farebbero anche la didattica di eccellenza (la didattica di alto livello la fa un docente che è stimolato ad insegnare bene da fattori di riconoscimento sociale ed economico, ma essere un bravo ricercatore è un fattore importante per avere una didattica eccellente). In un sistema meno fossilizzato, si potrebbe pensare anche di avere finanziamenti diversificati in base alla missione di un ateneo, prevedendo anche sistemi premiali a livello stipendiale dei docenti per gli atenei “di ricerca”. In questo sistema, lo stato servirebbe a garantire meccanismi di equità per gli studenti e possibilmente l’esistenza più diffusa possibile sul territorio nazionale di atenei di didattica e di ricerca.
Riguardo il valore legale del titolo di studio, un meccanismo di differenziazione sarebbe completamente inutile senza la sua abolizione. Risolveremmo anche una buona parte del problema “università telematiche”, e a quel punto bisognerebbe garantire la possibilità di studi universitari attraverso un miglior sistema di diritto allo studio ma, a mio parere, anche di diffusione sul territorio delle strutture universitarie anche di livello eccellente.
Ho scritto probabilmente troppo, scusate. Ma è un tema a cui tengo e spero di poter portare avanti qui dentro un confronto costruttivo.
Buona serata.
Claudio
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21 Novembre 2024 alle 13:23 #2795Claudio BonannoPartecipante
Buongiorno. Il problema che ho sollevato riguarda esattamente il modo in cui è posta la domanda.
Io penserei che una buona valutazione debba basarsi su pareri acquisiti in maniera diretta, e dunque penso che i genitori possano essere coinvolti in un processo valutativo con quesiti diversi. Mi sembra chiaro che la percezione di un genitore sulla qualità del lavoro di un insegnante in aula sia fortemente influenzata dalla percezione che ne ha chi ha un’esperienza diretta, ossia la figlia o il figlio. Non ho trovato ad esempio il questionario rivolto ai genitori nella sperimentazione Valorizza, mi piacerebbe vedere che tipo di domande sono state formulate.
In ogni caso, il punto del mio commento è che la domanda diretta sulla preparazione mi sembra inopportuna nei confronti dell’insegnante e anche poco utile. Quale valore può avere la valutazione della preparazione di un insegnante su una materia specifica da parte della componente genitoriale, che è eterogenea e probabilmente in media non in grado di fare questa valutazione? Attraverso quale dinamica può il genitore avere un’esperienza diretta della preparazione di un insegnante?
Non nascondo che ci possano essere casi estremi, ma in quanto tali vanno trattati in maniera diversa e sono sicuro che sono oggetto dell’attenzione dei comitati dei genitori e dei rappresentanti. Un questionario generale non dovrebbe essere preparato per trattare questi casi, ma per avere un’idea della percezione generale del lavoro dell’insegnante. Questioni troppo precise, come la preparazione, vanno trattate con cautela e in contesti specifici. -
20 Novembre 2024 alle 17:38 #2772Claudio BonannoPartecipante
Buonasera.
Nel questionario per i genitori, la domanda “Considera gli insegnanti preparati?” non mi sembra troppo opportuna.
Non credo che vogliamo che la preparazione degli insegnanti sia giudicata dai genitori. Dovrebbe essere il sistema di reclutamento degli insegnanti a garantirne la preparazione sia nozionistica sia didattica. Inoltre, se fossi un insegnante mi sentirei un po’ offeso dal sapere che la mia preparazione venga giudicata dai genitori.
Cari saluti.
Claudio
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9 Novembre 2024 alle 20:42 #2709Claudio BonannoPartecipante
Scuola, università e ricerca sono tre temi centrali per la politica, e sono fortemente intrecciati. Una forza politica moderna deve avere idee molto chiare su questi temi e li deve mettere appunto al centro del suo programma.
Da molti anni invece sono temi lasciati al margine della politica, e spesso finanziati poco e/o male. Siamo un paese in cui si accetta un proliferare incontrollato di nuovi corsi di laurea ma non si riesce a finanziare la ricerca di base in maniera costante. Tantissimi ricercatori vanno in cerca di posizioni più stabili e remunerative all’estero, ma in cambio non riusciamo ad attrarre ricercatori stranieri. Siamo tra i primi paesi in Europa per nazionalità di ricercatori che ottengono importanti finanziamenti pubblici dalla comunità europea, ma siamo tra gli ultimi paesi in quanto a progetti ospitati (formiamo appunto ottimi ricercatori che poi emigrano insieme ai loro progetti). La scuola pubblica necessita sicuramente di un finanziamento per le ristrutturazioni edilizie, e molti istituti sono costretti a chiedere un finanziamento volontario alle famiglie per le spese primarie. Per non parlare degli stipendi degli insegnanti della scuola.
Dovremmo intraprendere un virtuoso percorso di valorizzazione degli insegnanti e dei ricercatori, sia come figure nella società sia dal punto di vista economico, e contemporaneamente trovare il modo di responsabilizzare i dipendenti pubblici rispetto alle loro scelte di programmazione (gestione delle scuole, reclutamento negli atenei, assegnazione dei fondi di ricerca). L’Italia è un paese che ha sempre dimostrato di avere grandissime potenzialità nella cultura e nella ricerca, ci siamo dimenticati da una sessantina di anni a questa parte di metterle a frutto.
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