@giorgiomassobrio
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Ingegnere Industriale meccanico con competenze in organizzazione industriale e logistica (in pensione); Esperto Gestione Energia; Appassionato di economia; Maratoneta amatoriale.
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22 Novembre 2024 alle 14:02 #2813Giorgio MassobrioPartecipante
Un video interessante per informazione generale.
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21 Novembre 2024 alle 17:35 #2803Giorgio MassobrioPartecipante
Enrico, … “esageruma nen”, come si direbbe dalle mie parti …
https://www.depositonazionale.it/
Buona lettura.
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21 Novembre 2024 alle 14:38 #2800Giorgio MassobrioPartecipante
Enrico, i dati sono ricavati dalla documentazione e conferenze del Prof Zullino, dell’Ing Bono, confermate da altre fonti del politecnico di Torino e e dal fisico Luca Romano.
Per le scorie e deposito, guarda il video dell’unico deposito funzionate operativo in Europa (Finlandia) così ti rendi conto. Video sul deposito rifiuti nucleari della Finlandia .. https://www.youtube.com/watch?v=R-ox22dLhHM
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21 Novembre 2024 alle 12:47 #2794Giorgio MassobrioPartecipante
Enrico, hai in parte ragione, e in parte no; il vantaggio economico che giustamente attribuisci ai SMR, attualmente ancora non c’è, perché è ancora in corso la progettazione/certificazione e soprattutto manca una filiera industriale (e un mercato) per una loro ingegnerizzazione in serie; quindi, ad oggi conviene fare una centrale da 500 mega (per esempio) che 5 SMR da 100 mega (sempre per esempio); scorie: quantità: le quantità sono piccole; una centrale di taglia “francese”, in un anno produce circa 1 m cubo si scorie, quindi in 60 anni di vita, circa 60 metri cubi (una stanza 5x5x3 metri, e ne avanza); assolutamente gestibile (e guarda il filmato sul sito di stoccaggio in Finlandia, che ho postato prima, per capire che non c’è assolutamente necessità di “rimpacchettamento”. Inoltre, più un materiale ha tempo di dimezzamento lungo e meno ha emissioni, quindi è meno dannoso; infine, i prossimi reattori, in fase di progettazione, sfrutteranno delle reazioni di decadimento nucleare tali da usare le scorie delle “generazioni precedenti” (opportunamente processate) come “combustibile”, ottenendo un doppio vantaggio: 1. praticamente ridurre a quasi zero i residui o scorie 2. avere energia da “combustibile” già prodotto in casa senza ricorrere quasi più a Uranio di nuova estrazione.
Eh… la tecnologia e la ricerca sta andando e apre nuovi scenari; quindi, W gli SMR, ma iniziamo subito con le centrali attualmente disponibili come design e certificazione, inutile perdere tempo, e quando verranno SMR (2030) e la “quarta generazione” (e saremo quasi al 2040), conviveranno tranquillamente e avremo la possibilità di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del 2050 … altrimenti, niente, non ci riusciremo. Il problema è solo ed esclusivamente POLITICO, non scientifico o tecnico, e neanche economico, solo POLITICO. (PS l’intero programma nucleare francese è costato 165 miliardi, noi ne abbiamo sprecati 200 col superbonus, e EDF Francia nel 2023 ha fatto 10 miliardi di utile).
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20 Novembre 2024 alle 14:08 #2767Giorgio MassobrioPartecipante
Concordo con Nicola Zanella.
Allego il link ad un video sul deposito rifiuti nucleari della Finlandia .. https://www.youtube.com/watch?v=R-ox22dLhHM
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19 Novembre 2024 alle 18:26 #2755Giorgio MassobrioPartecipante
Una ottima risposta del Prof Zollino a Beppe Sala.
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14 Novembre 2024 alle 13:59 #2728Giorgio MassobrioPartecipante
Nicola, ciao.
Sì … avevo capito che ti riferivi alla IV generazione e ai SMR (il riferimento alla fusione l’ho aggiunto io, per completezza e non alimentare chimere).
SMR è un metodo di progettazione e non una “generazione”; possono essere di terza, terza plus o di quarta, ma saranno sempre SMR, cioè di piccola taglia, prefabbricati in serie per buona parte e di piccola taglia, eventualmente accoppiati in multipli. La generazione invece fa riferimento alla normativa a cui si ispira in senso lato del termine (non è facile condensare e c’è gente molto più competente di me); la terza generazione, la terza plus, e la futura quarta sono equivalenti in termini di sicurezza attiva e passiva. Costo e Prezzo: non facciamo confusione. Il costo è un costo di costruzione dell’impianto e riguarda il costruttore; a noi utenti consumatori non interessa, perché noi paghiamo il prezzo PUN di borsa elettrica (24/24 e 7/7) + rete + disponibilità (usiamo l’energia quando ci serve, non solo quando c’è, e anche solo 30 minuti di black-out ci manda in panico) + più oneri (tra cui gli incentivi alle rinnovabili) + accise + IVA.
Il discorso che fai te si riferisce al prezzo di ritiro dell’energia da parte dell’acquirente GSE all’ingrosso e vale soprattutto per le rinnovabili che per essere remunerative per l’investitore devono avere un numero certo di ore in cui sono pagate (quindi, se va bene, c’è vento quando serve e il PUN scende, ma al produttore paghiamo il prezzo pieno; se va male c’è vento, l’energia non serve, il PUN va a zero, cioè è energia che non vale nulla, nessuno la acquista, ma il GSE la paga lo stesso prezzo pieno. (PS: lo paghiamo indirettamente nelle voci “oneri di sistema”)
Nel caso caso di una centrale nucleare non è necessario tale meccanismo perché funziona 24 ore su 24 tutto l’anno a copertura del “base load”, energia sempre utilizzata (attualmente fatto con quelle a gas) con un “capacity factor” prossimo al 100% e una vita utile di 60-80 anni.
Francia: vero. hanno prezzi bassi perché negli anni ’80 sono stati furbi e non scemi come noi; ragion per cui, prima iniziamo a darci una mossa, e meglio è, oltretutto con la richiesta di EE in crescita.
Spagna: è concorrenziale solo perché ha accordi di ferro pluriennali con il Marocco bloccati a prezzi del gas di anni fa “quando te lo tiravano dietro”; quando scadranno, vedremo. Oltretutto hanno molte più aree semidesertiche per il FV di noi e una bella fetta di veti oceanici che noi ci scordiamo.
Germania: un disastro, una follia; hanno tantissime rinnovabili che stanno pagando, ma con un “capacity factor” di circa il 10% e hanno “spento” il nucleare che funzionava col risultato che hanno riattivato centrali a lignite (con una emissione di CO2 bestiale) importano il 10% di nucleare dalla Francia, il gas dalla Norvegia e, ironia della sorte, anzi della stupidità, quando hanno sole vento hanno troppa energia e allora la “stoccano” nei bacini idroelettrici norvegesi, da cui poi la ricomprano (così la pagano quasi due volte).
Eh sì … il mercato dell’energia elettrica, è complesso (un vero casino). Ciao. Giorgio.
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14 Novembre 2024 alle 12:33 #2726Giorgio MassobrioPartecipante
Dal Foglio 14-11-2024
“Ieri la premier Giorgia Meloni è intervenuta alla Cop29 di Baku, in Azerbaijan, dove da lunedì si è rimessa in moto la macchina della diplomazia climatica internazionale. La visita è stata breve e il messaggio chiaro: “Un approccio ideologico e non pragmatico rischia di portarci fuori strada”. Meno pragmatico è stato il passaggio sul nucleare, rilanciato come parte del mix energetico, ma solo in futuro, quando sarà disponibile la fusione. “L’impressione è che il governo stia cercando di calciare la lattina in avanti”, commenta l’Avvocato dell’atomo, alias Luca Romano.
Solo una settimana fa, con un messaggio affidato al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano durante un evento alla Farnesina, Meloni aveva detto che nel cammino verso la fusione nucleare “non sono da escludere i passaggi intermedi, come i reattori a fissione di quarta generazione”, dimostrando una generale confusione su quale tecnologia sarà quella da usare per rendere concreto il piano del centrodestra. “Non credo alle intenzioni nucleari del governo”, è il giudizio del fisico Luca Romano, che con il progetto dell’Avvocato dell’Atomo, diventato virale sui social, fa divulgazione scientifica sull’energia. “Il discorso di Meloni a Baku conferma che l’obiettivo è sedurre l’elettorato pro nucleare senza prendersi responsabilità effettive per non scontentare nessuno”.
Al summit sul clima Meloni ha detto che “dobbiamo utilizzare tutte le tecnologie a disposizione. Non solo rinnovabili, ma anche gas, biocarburanti, idrogeno, cattura della CO2 e, in futuro, il nucleare da fusione che potrebbe produrre energia pulita, sicura e illimitata”. La premier ha rivendicato il ruolo dell’Italia, “impegnata in prima linea sul nucleare da fusione”. D’altra parte, è vero che il più grande progetto di ricerca al mondo sulla fusione nucleare, il consorzio internazionale Iter, è guidato da un ingegnere italiano, Pietro Barabaschi. Mentre Eni, in parallelo, collabora con il Mit di Boston per sviluppare una tecnologia analoga che raggiunga lo stadio commerciale quanto prima. Ma è proprio il tempo il problema. “In questo momento la fusione non è una tecnologia per la produzione di energia e non lo sarà ancora per decenni. Oggi è ancora un ambito di ricerca, che forse un giorno potrà portare a una tecnologia per la produzione di energia, ma nelle migliori delle ipotesi, se va proprio tutto bene, potrà essere pronta nel 2070”, spiega Romano al Foglio.
Una tempistica del tutto inconciliabile con gli impegni sul fronte della decarbonizzazione e con il piano tracciato dal governo. Entro fine anno il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin si è impegnato a presentare una legge delega in Parlamento per definire un quadro giuridico normativo che consenta di produrre energia in Italia da fonte nucleare. A questo proposito, come anticipato dal Foglio, c’è la volontà di creare una nuova società che coinvolga Enel, Ansaldo, Cdp e Leonardo per la produzione di reattori. L’obiettivo sarebbe quello indicato nell’ultimo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che prevede il nucleare nel mix energetico già a partire dal 2035 fino a raggiungere una quota pari all’11 per cento del nostro fabbisogno al 2050. “Uno scenario del tutto insufficiente per un paese industrializzato con 60 milioni di abitanti e 330 TWh di consumi di elettricità”, commenta Romano, che insieme ad Azione, Radicali Italiani e alcuni comitati ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare a sostegno del nucleare che ha superato 70 mila firme. “Alla luce di studi e simulazioni che tengono conto anche della crescita delle rinnovabili, riteniamo che la quota di nucleare in Italia debba essere pari almeno al 30 per cento del nostro fabbisogno energetico, perché la domanda elettrica aumenterà con l’elettrificazione dell’industria, dei riscaldamenti e del parco auto”. In questo scenario la tecnologia da mettere in campo sarà decisiva per definire qual è l’ambizione del governo Meloni, che tra fusione, fissione e “nucleare di nuova generazione” fa spesso confusione.
Il ministro Pichetto Fratin ha sempre parlato di piccoli impianti modulari (SMR) da applicare in particolar modo al servizio dei distretti industriali, trovando il favore di Confindustria. Ma per Romano e gli altri promotori del referendum la sfida è più grande: “L’Italia ha bisogno di 35 GW di nucleare: non si può soddisfare questa quota solamente con i reattori di piccola taglia, ne servirebbero più di cento, che significa cento procedimenti autorizzativi, cento cantieri. Oggi la migliore tecnologia disponibile sul mercato è quella dei reattori di terza generazione avanzata di grossa taglia. Da qui bisogna partire per fare sul serio”. La beffa, insomma, per un governo che ha infranto il tabù del nucleare tornando a parlarne dopo anni, è quella di non essere preso sul serio. O peggio, di sprecare un’occasione.”
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14 Novembre 2024 alle 12:23 #2725Giorgio MassobrioPartecipante
Ci sono 200 centrali nucleari in costruzione attualmente nel mondo (la maggior parte in Cina, ma anche nella penisola arabica sopra il mare di petrolio che posseggono), compresa 1 di quarta generazione e un paio di Small Modular Reactor di varia configurazione; in Francia, dove l’energia al consumatore costa la metà che da noi e che la stanno esportando in Italia e in Germania (EDF ha fatto un utile netto di 10 miliardi nel 2023), stanno costruendo centrali di terza generazione “plus”; il nucleare da fissione è una tecnologia attuale, sicura e disponibile oggi; è solo una questione di volontà politica e di cambio di mentalità nell’opinione pubblica. Lo scenario energetico del Prof Zollino (di Azione) è molto ben fatto e ragionevole e l’ho sostenuto firmando convinto la proposta di legge di iniziativa popolare (e affronta anche il tema LCOE, che non è un indicatore adatto al confronto tra fonti energetiche, trascura componenti essenziali). Inutile illudersi sulla “Fusione Nucleare”: forse le prime vere centrali commerciali in grado di funzionare 7500 ore all’anno saranno disponibili verso fine secolo. Per chiarirsi un po’ le idee, vi consiglio la seguente pagina del sito “l’avvocato dell’atomo”; è fatta seriamente ed è piuttosto chiara .. https://www.avvocatoatomico.com/le-faq/ Un saluto. Giorgio Massobrio.
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10 Novembre 2024 alle 12:41 #2710Giorgio MassobrioPartecipante
Dario, buongiorno. Buongiorno a tutti.
Sono Giorgio Massobrio, ingegnere Esperto in Gestione dell’Energia; concordo su quanto hai espresso come argomento e obiettivi.
Vorrei sottolineare alcuni punti:
- Energia Nucleare: urgente, indispensabile, occorre fare rete con tutti coloro che la sostengono, fare cultura per la diffusione e contrasto alle “bufale” su di essa e fare pressione sul governo perché sblocchi questa tematica.
- Siccome la sostenibilità ambientale è un tema complesso, va affrontato con molta razionalità e base tecnico-scientifica, per non cadere in un negazionismo sciocco o in un ambientalismo ideologico (e un po’ infantile) che finirà per danneggiare sia l’ambiente stesso che la tenuta socio-economica della società europea e italiana.
- Dobbiamo pensare ad indirizzi in ottica liberaldemocratica, che coinvolgano il mercato, l’investimento privato oltre a quello pubblico (su cui possiamo contare poco visti i conti pubblici), con un sostanziale snellimento degli esagerati adempimenti burocratici e normativi e, infine, una legislazione che, dopo avere ragionevolmente ascoltato tutti, permetta l’esecuzione delle opere limitando o impedendo il potere interdittivo dei comitati Nimby.
Un saluto cordiale. Giorgio.
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